Dalla guerra alla gloria: l’eredità del 1812 nella formazione di un’identità russa e l’influenza sul popolo

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Introduzione
Il 24 Giugno 1812 la Grande Armée[1] attraversa il fiume Niemen: inizia così il conflitto tra l’impero Napoleonico e l’impero Russo, stati europei contro popoli della Russia., Uno scontro decisivo fra due giganti che decise il futuro del continente europeo, sconvolto da decenni di guerre e arrivato al punto decisivo della lotta fra la rivoluzione e l’assolutismo.
Non fu solo uno scontro tra eserciti, ma anche una lotta tra due civiltà che, come vedremo, assunse caratteri spirituali e religiosi.
Come disse lo storico francese Jacques Bainville “Napoleone andò a Mosca per inseguirvi lo spettro di Tilsit”[2], le parole dello Zar Alessandro I rivolte all’ambasciatore francese Caulaincourt furono profetiche: Napoleone non sarebbe uscito vittorioso dal suolo russo.
[3]Di solito uno degli aspetti meno noti del periodo, ma interessante da analizzare è il ruolo che ha avuto la guerra patriottica nel forgiare un’identità nazionale russa e la sua influenza sulla popolazione dell’impero degli Zar.

L’impatto dell’epoca delle rivoluzioni sulla Russia

L’invasione napoleonica della Russia è comunemente utilizzata per descrivere il ruolo che ha avuto nel creare una coscienza nazionale russa. La Russia, durante quest’epoca, aveva un governo autoritario che non permetteva di discutere di argomenti come “l’idea di una nazione civile”, perciò gli intellettuali russi erano spinti a parlare dell’identità e del nazionalismo russo. Invece di “nazione” fu il concetto di “popolo” che venne utilizzato come sinonimo della nazione e divenne la base sulla quale si formò la coscienza nazionale della Russia.
L’età delle rivoluzioni francese e americana[4] avvenute decenni prima degli eventi che stiamo analizzando, aveva portato alla nascita di una nuova idea di nazione[5], ciò ha portato gli altri stati a cercare delle “idee unificanti” per accelerare i processi di formazione delle loro nazioni.
Per le élite russe era impossibile ignorare il successo degli stati nazionali e ciò lì costrinse a trovare nuovi metodi per costruire una nazione senza però ricorrere all’emanazione della costituzione. Per riuscire in questo obiettivo era necessario discutere dell’idea di nazione in un piano radicalmente diverso. Uno dei concetti utilizzati per sostituire la parola “nazione” fu quello di “popolo” che per la Russia aveva una lunga storia di utilizzo. Andando indietro nel tempo, fin dal Quattrocento, il popolo russo era considerato il fondamento del potere dello stato. Inizialmente il concetto di popolo era utilizzato solo per indicare la popolazione della capitale che partecipava alle decisioni politiche russe più rilevanti, dopo il 1613 si decise di estendere questo termine a tutta la popolazione russa. [6]Dalla fine del XVII secolo, il concetto di popolo mutò da soggetto politico a costrutto ideologico. [7]È interessante il fatto che, analizzando il Corpus nazionale della lingua russa, si può notare come la parola “rossijskij[8]” sia utilizzata molto nel XVIII secolo, però,in seguito, il suo uso comincerà a calare dal 1772. Aumenterà lievemente dal 1803 al 1818 per poi diminuire ancora. Mentre la parola “russkij[9]” è utilizzata frequentemente nel XIX secolo con un aumento avvenuto dal 1802. [10]All’inizio del diciannovesimo secolo questi due concetti erano diffusi allo stesso modo.
Infine nell’Ottocento si arrivò a usare il termine “popolo” in tre distinti significati:

  • per indicare l’intera popolazione del paese politicamente e culturalmente.
  • come sinonimo delle parole “massa” o “folla”
  • per riferirsi alle classi inferiori dell’impero.

Così il concetto di “nazione”, intaccata dal suo legame con le idee costituzionali tipiche della rivoluzione, potè essere sostituito da quello di “popolo”.

L’opinione del popolo russo su napoleone e il potere della propaganda

Prima di tornare a parlare del ruolo della guerra patriottica nel forgiare un’identità nazionale, vorrei analizzare il rapporto fra Napoleone e il popolo russo per capire perché durante l’invasione si creò una grande resistenza generale contro le armate nemiche da parte della popolazione. Come vedremo questo rapporto fu molto complesso e ambivalente a seconda del periodo che prendiamo in considerazione. Nell’impero russo così come in altre nazioni europee dell’epoca, le caricature contro Napoleone erano propaganda di stato, questo diede origine ad una forma di giornalismo satirico e politico che divenne progressivamente più patriottico dopo l’invasione napoleonica della Russia.
Queste caricature avevano l’obiettivo di diffondere uno spirito bellicoso tra i russi rafforzando il morale interno.

Per rappresentare queste caricature venivano utilizzati i Lubki (un genere di stampa popolare russa pensata per la parte di popolazione meno abbiente) che durante questo periodo vennero ulteriormente sviluppati. In queste stampe patriottiche vennero rappresentati per la prima volta i contadini russi come un elemento positivo che essenzialmente rappresentava il popolo russo. Inoltre, anche le popolazioni dell’Europa occidentale vennero a contatto con queste caricature e, in alcuni casi, trovarono numerosi appassionati. Si calcola che più di 40 artisti furono impiegati nella guerra di propaganda contro l’impero Napoleonico. Il professore di storia russa Stephen Norris, nel suo studio su questo argomento, definirà queste illustrazioni come “nazionalismo visivo”.[11] Dopo la ritirata della Grande Armée dalla Russia, i Lubki smisero di rappresentare le caricature contro Napoleone e il suo esercito concentrandosi sempre di più sullo Zar e la sua missione divina, in particolare viene rappresentato mentre entra a Parigi a cavallo e alla guida delle sue truppe, un chiaro riferimento al suo ruolo di conquistatore vittorioso. C’è però un ulteriore aspetto da considerare, per una parte della società russa i francesi non erano considerati come nemici, infatti, dallo Zar ai nobili riformisti, la Francia fu un paese che ebbe grandi influenze e questo atteggiamento non cambiò nonostante gli eventi post 1789.
Ma la figura di Napoleone era anche odiata per un fatto religioso.

La Chiesa ortodossa russa considerava Napoleone come una figura anti cristiana, e infatti la stipula da parte di Alessandro I dell’alleanza con Napoleone nel 1807 lo mise in una posizione problematica all’interno del suo impero fino al 1812. Comunque, dopo l’invasione e l’incendio di Mosca alla maggioranza del popolo russo fu evidente che Napoleone rappresentava il male.
Nei testi russi pubblicati dal 1812 al 1814, l’imperatore francese venne paragonato ad antichi sovrani e conquistatori che avevano invaso e razziato l’Europa, come Attila o Serse, quest’ultimo sovrano richiamava l’elemento dell’invasione fallita contro la Grecia, i russi si ritenevano i successori ideologici dei greci e questo elemento lo si può trovare in alcune opere letterarie che utilizzavano personaggi e racconti di origine greca[12]. Veniva anche paragonato ad alcuni imperatori romani ricordati nella memoria collettiva in modo negativo come ad esempio Nerone o Caligola. Questo metodo di accostare un personaggio contemporaneo a figure storiche ostili fu utilizzato anche nel medioevo quando i protagonisti delle grandi battaglie venivano raffigurati come guerrafondai biblici.[13]

La resistenza popolare russa e la società in tempo di guerra

Da questi presupposti si può capire come la maggioranza del popolo russo nel 1812, nonostante la repressione del regime zarista, era deciso a combattere contro l’invasore straniero, infatti durante l’invasione si formarono molte organizzazioni di partigiani e di conseguenza si svilupparono racconti popolari di resistenza da parte dei contadini. Ci troviamo davanti al fenomeno di una “guerra popolare” con caratteristiche simili a quello che stava succedendo in Spagna dopo l’invasione napoleonica avvenuta anni prima, però come dirò più avanti questo termine fu utilizzato molto tempo dopo gli eventi del 1812. In generale quando si vuole studiare l’età napoleonica si incontra inevitabilmente il fenomeno della resistenza popolare, lo stesso Napoleone disse a suo fratello Giuseppe: “Due settimane prima o dopo avrai una rivolta. Succede sempre in un paese conquistato”.[14] Tornando a parlare del caso russo, era necessario fare credere alla popolazione che il governo dello Zar non voleva la guerra e che si stava armando con il solo obiettivo di difendersi da aggressioni esterne. Era importante indurre il popolo a combattere per difendere la madrepatria, che veniva minacciata direttamente dopo oltre cento anni dall’ultima volta.[15] In questo modo si poteva rendere efficace una guerra popolare unendo la società russa attorno al governo in modo naturale e istintivo con l’obiettivo di respingere l’invasore straniero. Quando l’esercito di Napoleone attraversò lo Niemen Alessandro proclamò il carattere nazionale della guerra e nel momento in cui i soldati della Grande Armée stavano per raggiungere la città di Smolensk, gli appelli alla difesa della patria furono aumentati.

Agli inizi di Agosto il ministro della guerra Barclay de Tolly (di origine tedesco- baltica) scrisse al governatore di Smolensk[16] che era convinto del fatto che la popolazione della provincia si sarebbe sollevata per difendere “la Santa fede e le frontiere della patria”. Poi continuò affermando che alla fine la Russia avrebbe vinto sui “perfidi” francesi come aveva fatto durante il passato contro i Tartari: “In nome della Patria invito la popolazione di tutte le aree vicine al nemico a prendere le armi e ad attaccare le unità nemiche isolate, ovunque si trovino. Inoltre, ho personalmente rivolto un appello speciale a tutti i russi nelle aree occupate dai francesi affinché si assicurino che nessun soldato nemico possa nascondersi dalla nostra vendetta per gli insulti commessi contro la nostra religione e la nostra Patria, e quando il loro esercito sarà stato sconfitto dalle nostre truppe, il nemico in fuga dovrà incontrare ovunque rovina e morte per mano della popolazione”.[17]

La vera “guerra popolare” si verificò nelle province vicine alla linea di avanzamento nemica.
Quando la Grande Armée occupò Mosca, nel settembre del 1812, Napoleone fu costretto a inviare gruppi di uomini con l’obiettivo di trovare del cibo, in particolare foraggio per i cavalli.
Queste unità incontrarono molta resistenza nei vari villaggi, che non fu sempre spontanea. Infatti molte volte ufficiali o comandanti della milizia nobile del luogo creavano gruppi di “guardie domestiche” con il compito di respingere i vari predoni nemici che si avvicinavano per saccheggiare il territorio. In altri casi invece, le azioni di resistenza da parte di contadini russi furono spontanee e indipendenti. A volte, le imboscate contro i gruppi di saccheggiatori si potevano trasformare in battaglie che duravano addirittura alcuni giorni.

Nel novembre del 1812 Kutuzov riferì ad Alessandro che questi gruppi di contadini, specialmente nelle province di Mosca e di Kaluga, erano riusciti a respingere il nemico mettendo al sicuro le loro famiglie utilizzando la copertura delle foreste e difendendo al tempo stesso i loro villaggi. Ci sono anche testimonianze del fatto che i contadini erano arrabbiati per il fatto che i francesi utilizzavano le chiese come stalle, dormitori o magazzini.[18] C’era però una certa preoccupazione da parte delle élite dell’impero le quali temevano che questi gruppi armati potessero destabilizzare il sistema servile.Sì temeva che Napoleone potesse liberare i servi della gleba scatenando una guerra contadina. Tutto ciò non avvenne, anche se avrebbero avuto la possibilità di fomentare insurrezioni oltre Smolensk[19], alla fine, sia per motivi di tempo (rimasero in terra russa per pochi mesi) e sia perché Napoleone aveva in mente una strategia completamente diversa, questa opzione non potè essere attuata.

Quando all’imperatore francese fu chiaro che lo Zar non aveva intenzione di stipulare una pace era ormai troppo tardi per considerare altre strategie. Si verificarono comunque episodi di anarchia nella provincia di Mosca, durante l’autunno del 1812, i disordini triplicarono rispetto al periodo normale pre bellico e si verificarono nelle zone interessate alle operazioni militari dove l’autorità centrale era fortemente indebolita. Nella provincia di Vitebsk e nelle vicinanze si verificarono episodi di insurrezioni particolarmente violente, in effetti molto proprietari terrieri furono aggrediti o addirittura assassinati da gruppi numerosi di contadini che, in un episodio famoso, riuscirono perfino a respingere un attacco da parte di una unità di dragoni che era stata inviata per stabilizzare la situazione, perfino l’ufficiale a comando fu brutalmente picchiato.
Le autorità civili si rivolsero al generale Pëtr Vitgenštejn, che conduceva operazioni militari in zona con i suoi soldati, lui però non accettò poiché non aveva abbastanza forze a disposizione e quelle che possedeva le doveva utilizzare contro i francesi. Inoltre disse che le insurrezioni si sarebbero placate dopo il ritiro delle truppe napoleoniche cosa che effettivamente avvenne.

Alla fine però Vitgenštejn riuscì a mettere in campo uno squadrone di Baschiri (un gruppo etnico di origine turca stanziato principalmente nella Baschiria), questo punto dimostra che l’impero Russo poteva utilizzare forze militari provenienti da regioni molto lontane dell’impero per sedare queste rivolte. Infatti sappiamo che Alessandro, in una lettera datata al mese di novembre del 1812 e indirizzata al ministro della guerra Aleksei Gorchakov, pensò di utilizzare truppe provenienti dalle regioni oltre gli Urali e dalla Siberia dove erano presenti meno di 29 reggimenti di cavalleria irregolare, (alcuni di questi erano Baschiri), poco efficaci per respingere le truppe napoleoniche, ma utili per mantenere stabile la situazione a Vitebsk.[20]
Inoltre per il governo la fedeltà dei contadini era legata all’ordine presente nelle città. Nel caso di Mosca, le masse che abitavano il centro abitato erano tranquille nel periodo precedente all’entrata delle truppe nemiche[21], ma durante l’occupazione francese di Mosca si verificarono episodi violenza e anarchia che però, come nelle campagne, non si svilupparono mai in una rivoluzione poiché mancavano di ideologia e di una leadership.

Il governo invece non temeva il comportamento delle élite urbane che contribuirono finanziariamente allo sforzo bellico e che avevano una mentalità conservatrice, così come non era preoccupato della fedeltà della Chiesa che rappresentava un suo importante alleato durante la guerra grazie al suo ruolo di mobilitazione ideologica fra la popolazione. Il ruolo della nobiltà russa fu quello più importante per la resistenza contro l’invasione e l’andamento della guerra dato che controllavano la maggior parte delle risorse del paese che lo stato non riusciva a permettersi di comprarle, inoltre anche in tempo di pace il governo si appoggiava ai nobili per governare la Russia. Queste risorse comprendevano: cibo, cavalli, manodopera, fornitura di ufficiali per l’esercito e le milizie, inoltre durante il conflitto avevano il compito di gestire la coscrizione e, insieme ai governatori delle province, anche quello di aiutare a creare nuove unità militari. Le province più vicine alle zone di combattimento donavano volontariamente cibo, equipaggiamento, vestiario e altre risorse all’esercito.

Durante la guerra nacquero anche eroi nazionali della patria come Vasilisa Kozhina, che creò e guidò un gruppo di resistenza, formato da donne e adolescenti che attaccavano le truppe napoleoniche in ritirata, prendendo anche prigioneri che poi venivano consegnati all’esercito russo. A fine guerra ricevette una medaglia e un premio in denaro per le sue azioni.
Nel 1962 fu creato un francobollo in suo ricordo. Inoltre, viene menzionata anche nel romanzo “Guerra e Pace” e a lei sono state dedicate il nome di due vie, di un villaggio, di una stazione oltre ad essere stato prodotto anche un film sulla sua storia in occasione del Bicentenario degli eventi del 1812. Un’altra figura importante fu Paul Engelhardt, un nobile ed ex tenente colonnello della provincia di Smolensk, che durante la guerra creò e guidò personalmente un gruppo di resistenza che comprendeva contadini e proprietari terrieri. Fu tradito dai suoi stessi servi che lo consegnarono ai francesi, lo condannarono a morte il 3 ottobre 1812, nonostante gli avessero offerto di collaborare con loro lui rifiutò categoricamente, di conseguenza venne fucilato il 15 ottobre. In suo ricordo oggi è presente una targa commemorativa accanto al memoriale della piazza degli eroi.[22]

Un dato interessante da analizzare è il fatto che durante la guerra i pensieri degli abitanti di Mosca e di San Pietroburgo erano radicalmente diversi, se nella città religiosa si tendeva a criticare e a insultare lo Zar, nella capitale la popolazione era più moderata e si era convinta che l’umiliazione subita dal loro imperatore dovesse essere un elemento di unione per tutti i russi, l’indignazione contro il nemico era quindi percepita in modo più profondo e infatti furono prese misure radicali contro i francesi presentì a San Pietroburgo dopo l’inizio dell’invasione, un esempio di questa politica fu il fatto che quattro ingegneri francesi inviati da Napoleone in città, e che studiavano in un istituto locale, furono direttamente esiliati in Siberia. [23]Infine, durante la guerra e più nello specifico nella regione di Kaluga, fu stilata una lista di tutti gli stranieri presenti nel territorio, queste azioni xenofobe vengono considerate come un fattore della cultura generale dell’epoca anche perché la reale minaccia di queste persone era discutibile.

Lo zar e l’elemento religioso

Napoleone entrando in Russia commise un grosso errore di valutazione riguardo alla popolazione russa, pensava che le sue idee di libertà avrebbero portato la popolazione dalla sua parte, ma si sbagliava. Una frase del barone Boris Uxkull scritta nel settembre del 1812 afferma: “l’amore dei contadini per il loro Dio è inseparabile da quello per il loro sovrano”. In seguito scrisse anche: “Un paese come il nostro, che è ancora in uno stato verginale e primitivo, è difficile da domare o soggiogare”.

In sintesi, l’amore provato dalla maggioranza dei russi nei confronti dello Zar, che fu sottovalutato da Napoleone, derivava dal fatto che essi non volevano entrare in contatto con le idee innovative portate dai francesi, ma al contrario volevano preservare le loro tradizioni.
Inoltre, l’elemento religioso era utile per rafforzare l’unione del soldato verso il paese e la sua unità militare. [24]Nonostante alcuni autori russi lodassero le idee illuministiche non si voleva avere a che fare con l’emarginazione della religione tipica della Rivoluzione francese, al contrario pensavano che era proprio la loro religiosità che li innalzava al di sopra di tutti gli altri popoli europei, infine, secondo loro, questo elemento componeva le fondamenta della loro devozione verso la patria e lo Zar. Riguardo al legame religioso che legava lo Zar e la guerra patriottica si possono notare vari elementi che illustrano bene questo tipo di collegamento, innanzitutto Alessandro attribuì una grande importanza spirituale alla vittoria contro Napoleone, ma allo stesso tempo riteneva anche lui stesso e il suo impero degli elementi decisivi che contribuirono alla sconfitta dell’invasore. Nel dicembre del 1812 Alessandro disse ai suoi generali: “Avete salvato non solo la Russia, avete salvato l’Europa.”

Lo Zar, durante il periodo dell’invasione, leggeva la Bibbia ogni giorno sottolineando le parti più importanti. All’inizio di luglio nel 1812, scrisse ad un suo vecchio amico, il principe Aleksandr Golitsyn, questa frase: “In momenti come quelli in cui ci troviamo, credo che anche la persona più indurita senta un ritorno verso il suo creatore… Mi abbandono a questo sentimento, che è così abituale per me e lo faccio con un calore, un abbandono, molto più grandi che in passato! Trovo lì la mia unica consolazione, il mio unico sostegno. È questo sentimento che mi sostiene da solo”[25]

Quando allo zar fu detto che Mosca era stata abbandonata e distrutta da un incendio, la sua volontà di ottenere una vittoria totale contro Napoleone si rafforzò definitivamente a tal punto che disse: Farò uso di ogni ultima risorsa del mio impero; ne possiede persino di più di quanto i miei nemici pensino ancora. Ma anche se la Divina Provvidenza decretasse che la mia dinastia cessi di regnare sul trono dei miei antenati, allora dopo aver esaurito tutti i mezzi in mio potere mi farò crescere la barba fino a qui’ (si indicò il petto con la mano) ‘e andrò a mangiare patate con l’ultimo dei miei contadini piuttosto che firmare una pace che farebbe vergognare la mia patria e quella cara nazione i cui sacrifici per me so apprezzare… Napoleone o io, io o lui, non possiamo governare entrambi allo stesso tempo: ho imparato a capirlo e non mi ingannerà”.[26]

Inoltre l’imperatore emanò un decreto in cui enfatizzava l’intervento divino nella vittoria poiché era diventato molto diffidente agli appelli popolari scritti dallo scrittore Shishkov che vedremo in seguito: “In questo atto riconosciamo la stessa Provvidenza Divina. La salvezza si trovava nella religione, che il nemico aveva disprezzato. Impareremo da questo grande e terribile esempio a essere gli esecutori miti e umili delle leggi e della volontà di Dio, non come coloro che si sono allontanati dalla fede, quei profanatori dei templi di Dio.”

Alessandro invitò tutti ad andare a pregare nelle cattedrali promettendo anche di costruirne una nuova come ringraziamento nei confronti della provvidenza Divina per avere salvato la Russia. [27]L’atto di spostare la vittoria su un piano religioso, anziché attribuirla direttamente alla popolazione, serviva all’imperatore per preservare la sua immagine di figura superiore il cui potere era garantito da un mandato divino, infine bisognava anche negare al popolo un suo ruolo indipendente così da proteggere il sistema della servitù. Alessandro, come disse il professor Dominic Lieven, utilizzò la disciplina del sistema sociale e politico stabilito per mantenere l’ordine, la coesione e il rapido movimento dei suoi eserciti che resero possibile la vittoria. La monarchia “trionfò sfruttando tutto il potenziale degli stati e dei sistemi militari del vecchio regime fino ai loro limiti massimi”.[28]
Inoltre l’immagine dello Zar si rafforzò ulteriormente quando fu accolto pubblicamente nei Paesi Bassi e nel Regno Unito come il salvatore dell’Europa. Per Alessandro la vittoria contro Napoleone fu interpretato come il segno di una “rinascita universale imminente”, scrisse:
“Da quel momento, divenni una persona diversa. La salvezza dell’Europa dalla rovina divenne subito la mia salvezza e la mia liberazione.”[29] L’imperatore divenne il leader della cristianità nel mondo, cominciò a presentarsi come un “redentore di anime” rispetto ad un riformatore istituzionale. Le campagne militari contro la Grande Armée assunsero il significato di una redenzione, in sintesi i francesi dovevano essere assolti dai loro peccati che furono perpetrati a partire dallo scoppio della rivoluzione, questo elemento si manifestò nei grandi spettacoli militari organizzati in Francia nel 1814/15. Il primo avvenne nella piazza de la Concorde[30] a Parigi durante la domenica di Pasqua del 1814. All’evento erano presenti il re di Prussia e il principe austriaco Schwarzenberg che rappresentava gli Asburgo. Circa 80.000 soldati alleati e della guardia nazionale francese sfilarono durante la cerimonia. Sette sacerdoti si trovavano in piedi vicino all’altare costruito nello stesso luogo in cui era stato decapitato Luigi XVI[31]
Lo Zar si inginocchiò sull’altare per la preghiera mentre i generali e i marescialli francesi baciavano la croce russa, infine, una volta concluso il momento della preghiera per i leader dell’alleanza, la folla urlò: “ Evviva!”.

Alessandro era convinto che con il suo esercito, infuso dell’elemento religioso per portare una preghiera “purificatrice e solenne al Signore”, fosse riuscito ad imprimere venerazione nei cuori dei francesi. Ma questi eventi non avevano solamente un carattere religioso, ma rappresentavano anche il trionfo della Russia agli occhi del mondo. Lo Zar infatti disse:
“Ho fortemente percepito l’apoteosi della gloria russa tra gli stranieri, e io stesso ho persino conquistato il loro entusiasmo e li ho costretti a condividere con noi il nostro trionfo nazionale”.

Le ultime cerimonie si tennero il 30 Agosto 1815 nei campi di Champagne durante la festa in onore di Alexander Nevskij[32] e dopo la definitiva sconfitta di Napoleone, questa volta era anche presente l’imperatore austriaco. Sì tennero manifestazione religiose davanti a sette cappelle da campo. Lo Zar era inginocchiato in preghiera mentre il suo esercito era posizionato in uno schema simmetrico davanti a lui, infine, pochi giorni dopo, i soldati fecero ritorno in Russia.

La lingua come strumento di unità nazionale

Nell’impero russo uno degli aspetti più complessi da risolvere fu il fatto che che la lingua letteraria, la cui formazione iniziò a metà del XVIII secolo, era divisa fra il bilinguismo della nobiltà (che spesso parlava il francese meglio del russo) e dell’analfabetismo del resto della popolazione, per questo motivo non poteva assolutamente svolgere la sua funzione consolidatrice. Inoltre si formarono due distinte direzioni del discorso letterario-nazionale, che possono essere definite come “slave” e “medie”.
Entrambi i movimenti derivavano dall’esistenza di tre stili della lingua russa identificati dal linguista russo Lomonosov:

  • alto (comprese parole della lingua slava ecclesiastica e usate raramente, ma comprensibili alle persone alfabetizzate, viene utilizzato nei poemi eroici, nelle odi e nelle orazioni),
  • mediocre (slavo ecclesiastico, combinato con parole usate nella lingua comune, che non sono nel dizionario slavo generale, per Lomonosov questo stile era quello più adatto per la nuova lingua letteraria russa)
  • basso (parole esclusivamente comuni, viene usato nelle canzoni popolari e anche nei fatti quotidiani).

Era opinione condivisa che la letteratura e la lingua fossero strumenti essenziali per forgiare una coscienza nazionale. Nella primavera del 1812 la consapevolezza dell’arrivo della guerra fece comprendere al governo imperiale che l’uso della lingua francese fra la nobiltà russa sarebbe stata percepita in modo negativo dalla popolazione comune che era formata da varie classi con interessi diversi. Si sviluppò così l’idea di utilizzare una lingua comune per creare una forte unità nazionale.

er portare a termine questo obbiettivo ci si rivolse all’ex vice ammiraglio e scrittore russo Alexander Shishkov che aveva un pensiero negativo riguardo all’uso della lingua francese, inoltre era considerato un esperto sia della lingua “popolare” e anche di quella “slava ecclesiastica”, che era una condizione necessaria per creare testi comprensibili ai contadini, ai cittadini e al clero. Tra le classi che componevano la popolazione dell’impero non esisteva unità riguardo alla questione se valesse la pena combattere per il paese. Secondo le memorie dei contemporanei si erano diffuse voci e panico riguardo alle grandi forze militari che possedeva Napoleone, inoltre c’erano degli agitatori che incitavano i contadini alla rivolta contro i proprietari terrieri. Furono le azioni di Napoleone che reprimevano le proteste contro i proprietari terrieri in Lituania e Bielorussia a far cambiare pensiero ai contadini. Inoltre bisogna anche considerare che gli altri ceti sociali come mercanti e nobili che non erano particolarmente patriottici e che anzi cercavano di trarre profitto dalle forniture militari.

Le classi sociali divise non hanno contribuito a formare un’identità nazionale, in effetti c’erano molte contraddizioni tra i diversi strati della società russa, inoltre la separazione dei rappresentanti dei vari popoli dell’Impero Russo in classi distinte e “straniere” ha ostacolato la formazione di una identità imperiale condivisa. In altre parole, invece di promuovere l’integrazione culturale e l’unità nazionale, le politiche dell’Impero Russo tendevano a mantenere i diversi gruppi etnici e culturali separati.

Shishkov nel suo manifesto del reclutamento approvato da Alessandro I, parlava del popolo russo “forte e coraggioso”, che vive in pace con tutti gli altri popoli, ma che è pronto a difendere la Russia, indipendentemente da gradi e titoli. [33]Dal testo risulta chiaro che per “popolo” stavolta si intendeva tutta la popolazione russa indipendentemente dalla loro classe di appartenenza, ma questa, come vedremo anche in seguito, è solo un’eccezione poiché in molti altri suoi testi ne dà una definizione opposta.

C’è da specificare che il reclutamento era rivolto alle classi contribuenti (contadini, mercanti, artigiani), c’era la necessità di diminuire le differenze culturali fra la nobiltà e i paesani che utilizzavano lingue diverse per comunicare. Però è evidente che nei manifesti scritti da Shishkov si mantenne una divisione fra identità di classe e identità nazionale, ad esempio nel testo indirizzato agli abitanti di Mosca viene menzionato solo una volta l’esercito russo mentre l’appello vero era rivolto alle varie classi sociali per difendere la Russia. Anche in un altro manifesto solo una volta viene nominato “il popolo russo discendente dagli slavi”e fra l’altro per “popolo” si riferiva ai nobili, al clero e al popolo: “Possa lui (il nemico) incontrare Pozharsky in ogni nobile, Palitsyn in ogni persona spirituale, Minin in ogni cittadino” [34]
Secondo il testo per sconfiggere il nemico tutti devono unirsi e agire insieme (sebbene esclusivamente sotto la guida dei nobili), questo rappresenta un compromesso per mantenere la divisione fra le varie classi sociali.
Un elemento importante da notare è il fatto che questi manifesti non erano rivolti alla nazione russa come unica entità infatti il termine “popolo” era utilizzato per indicare i contadini, si può però rilevare un’unica eccezione in un testo di Shishkov dopo la caduta di Mosca in mano francese, non viene nominata la divisione tra classi, ma si riferiva ad un unico popolo russo, questo è probabilmente dovuto al terribile evento avvenuto.
L’8 Settembre 1812 lo Zar firmò un manifesto di Shishkov che presentava per la prima volta il popolo russo guidato dalla Chiesa Ortodossa come una forza di salvezza e liberazione contro l’aggressione napoleonica: “È piacevole e caratteristico del buon popolo russo ripagare il male con il bene! Onnipotente Dio! Volgi i tuoi occhi misericordiosi sulla Chiesa ortodossa, inginocchiata in preghiera a te! Dona spirito e pazienza al tuo popolo fedele che lotta per la giustizia! Con questo, possano trionfare sui loro nemici, superarli e, salvando se stessi, salvare la libertà e l’indipendenza di re e regni!”.[35]

Dopo la ritirata francese Shishkov ricominciò a scrivere i testi utilizzando nuovamente le differenze fra le classi: “La famosa nobiltà non ha risparmiato nulla per aumentare le forze statali! I venerabili mercanti si distinsero con donazioni di ogni genere. Il popolo fedele, la borghesia e i contadini hanno mostrato tali esperienze di lealtà e di amore per la Patria che sono caratteristiche solo del popolo russo”[36] Nel Natale del 1812 Alessandro I emanò il manifesto di Shishkov che annunciava l’espulsione delle truppe nemiche dal suolo russo, possiamo notare elogi al popolo che aveva tenuto fede alla promessa di scacciare l’occupante: “Abbiamo preso questa promessa nel nostro cuore, confidando nel valoroso coraggio del popolo affidatoci da Dio, e non siamo rimasti delusi. Che esempio di audacia, coraggio, pietà, resistenza e forza ha mostrato la Russia!”

Possiamo quindi vedere come nei manifesti di Shishkov era presente un atteggiamento ambivalente nei confronti del problema della nazione e dell’unità nazionale ossia la conservazione della classe creando comunque un solo spazio linguistico e simbolico basato sulla lingua usata dai contadini e dal clero, ma non dalla nobiltà.Però è da specificare che questi manifesti erano indirizzati per le persone russe istruite mentre altri fattori hanno contribuito a creare un’idea di unità nazionale fra la popolazione analfabeta che era anche quella più comune.
Nei sermoni rivolti alla popolazione c’erano un insieme di spiegazioni che rappresentavano la guerra in corso: Dallo scontro di forze cosmologiche alla lotta per l’indipendenza del paese passando al parallelismo di una battaglia contro un attacco da parte di banditi.

Analizzando le caricature e le stampe popolari dell’epoca si può notare la totale assenza di un’opposizione fra popolo russo e francese, si vede invece la lotta eterna tra bene e male, nei testi visivi si potevano trovare riferimenti al popolo russo, ma che rappresentava solo i contadini e non tutte le classi sociali dell’impero. La guerra in sintesi non mutò l’idea di una società divisa fra classi come dimostra quest’altro testo di Shishkov: [37]“Per rendere grazie al Signore Dio per la liberazione della Russia dall’invasione nemica”, pubblicato dopo l’espulsione dei francesi dalla Russia: “L’esercito, i nobili, la nobiltà, il clero, i mercanti, il popolo, in una parola, tutti i gradi e le fortune dello Stato, senza risparmiare né i beni né la vita, ammontavano a un’anima, un’anima allo stesso tempo coraggiosa e pia, solo un amore ardente per la patria, solo amore per Dio” [38]
Un’altro manifesto post guerra intitolato: “Sull’istituzione di croci per il Clero, e per l’esercito, nobiltà e mercanti, medaglie e benefici e favori vari” (del 30 agosto 1814), conferma questa ipotesi. Infatti come si può notare lo stesso titolo rappresentava la divisione ancora presente nella società. In Russia l’appartenenza ad una classe sociale continuava perciò ad essere più importante di un’identità collettiva nazionale e questo è anche confermato dall’atteggiamento delle autorità nel dopoguerra. [39]Nel 1815 il percorso per forgiare l’identità nazionale russa continuò nel campo letterario e linguistico.
È interessante notare che i giovani ufficiali russi, grazie all’esperienza dell’invasione napoleonica e delle seguenti campagne militari che li portarono fino a Parigi, entrarono in contatto con gli standard di vita dei tedeschi e dei francesi, in seguito vennero anche influenzati dalla vita intellettuale parigina. Uno di questi ufficiali di nome Sergej Volkonskij disse: “In generale, tutto ciò che vedemmo di sfuggita in Europa nel 1813 e nel 1814 generò tra tutti i giovani la sensazione che la Russia fosse completamente indietro nella vita sociale, interna e politica, e molti furono ispirati dall’idea di conoscere più da vicino l’Europa.”

Al loro ritorno in Russia questi generali si aspettavano che lo Zar cambiasse la struttura interna dell’impero visto che aveva concesso anche una costituzione ai polacchi nonostante avessero partecipato all’invasione con le truppe di Napoleone. Ma in seguito la consapevolezza che la Russia non avrebbe mai adottato una costituzione ebbe come effetto quello di fare nascere delle società segrete con personali progetti costituzionali. L’introduzione della costituzione della Società del Nord di N. Murav’ev[40] afferma: “Tutte le nazioni europee stanno ottenendo costituzioni e libertà. La nazione russa, più di tutte, merita l’una e l’altra.”

Il concetto di guerra patriottica verrà introdotto anni dopo l’invasione e può essere considerato un segnale della comparsa di un’identità nazionale, era comunque ovvio che il termine servisse per separare il conflitto che si svolse in territorio russo rispetto alla campagna condotta fuori dai confini imperiali. Questo concetto è importante perché rappresenta una grande differenza rispetto alla successiva “grande guerra patriottica” cominciata con l’invasione dell’URSS da parte della Germana nazista il 22 giugno 1941 e che continuerà anche dopo l’abbandono del territorio sovietico da parte dei tedeschi fino, cioè, alla conquista di Berlino. Il termine guerra patriottica venne utilizzato anche dallo zar Nicola I nei suoi decreti a differenza di Alessandro I dove il concetto non compare nei suoi atti legislativi.

La memoria della guerra patriottica

Negli anni si fecero vari tentativi per trovare elementi che potessero creare un’identità nazionale. A questo proposito fu sempre lo Zar Nicola I a compiere un nuovo passo ordinando la stesura di un’opera che creò il mito sulla natura nazionale dell’invasione napoleonica. Il testo si chiamava: “Descrizione della guerra patriottica nel 1812” (pubblicata nel 1839 da un tenente generale)[41].

Per la prima volta in questa opera fu utilizzata la forma con le lettere maiuscole del termine che per la prima volta divenne di uso nazionale, infatti nella prefazione l’autore scrisse chiaramente:“La Guerra Patriottica è stata una lotta alla quale ha preso parte tutta la Russia. Quando 300.000 dei nostri soldati combatterono contro le folle dell’Occidente, cinquanta milioni di russi non rimasero spettatori inattivi, con le braccia incrociate, in attesa di vedere come si sarebbe risolta la fatale disputa: “Chi dovrebbe essere, chi non dovrebbe essere?”.

In questo testo si parla continuamente di “popolo russo” e di “russi”, ma non delle classe sociali, un segnale inequivocabile di un cambiamento avvenuto. Alla fine l’influenza di quest’opera fu limitata e debole, nei fatti non si poteva creare una vera unità nazionale senza la cancellazione delle divisioni tra le classi che non si verificò durante il regno di Nicola I. La situazione cambierà con l’epoca delle grandi riforme quando si cercherà di fondare una società opposta a quella classista. Altre opere che ricordano gli eventi dell’invasione Napoleonica furono il capolavoro letterario russo “Guerra e Pace”[42] scritto dal celebre scrittore Lev Tolstoj e “l’Ouverture 1812” creata dal celebre compositore Pëtr Il’ič Čajkovskij.[43]Entrambe le opere risalgono alla seconda metà dell’Ottocento e tutte e due hanno contribuito a rafforzare la memoria russa di quel conflitto. Nel 1912, in occasione del centenario della guerra patriottica, per la prima volta l’effetto dell’anniversario sarà sentito in un modo molto più incisivo rispetto al passato: vennero pubblicate opere popolari, pubblicazioni dei i diari scritti dai soldati presenti durante la guerra che erano destinati al grande pubblico. L’effetto di questo evento fu la comprensione della guerra patriottica come un evento collettivo e nazionale, una citazione del periodo molto simbolica recita: “La guerra patriottica fu una guerra popolare che catturò tutti gli strati della popolazione di allora, dallo zar all’anziana Vasilisa”

Possiamo quindi affermare che gli scrittori non avevano più dubbi sul fatto che l’invasione del 1812 fosse una guerra popolare nella quale non avevano combattuto le varie classi sociali, ma l’intero popolo russo. Nel 2012 in occasione del duecentesimo anniversario del conflitto, si organizzarono grandi celebrazioni pianificate anni prima, il culmine di questi eventi celebrativi fu il 2 settembre quando il presidente russo Vladimir Putin partecipò alla cerimonia della battaglia di Borodino. Il 4 settembre fu anche inaugurato un museo a tema.

Conclusione

Volendo concludere si può affermare che l’invasione Napoleonica non fu l’elemento che creò l’identità nazionale russa, ma piuttosto fu la memoria formata da numerose opere artistiche di vario genere, racconti popolari, eroi nazionali, ed eventi pubblici unite alla creazione del mito riguardo a questo evento che creò un collante per la nazione. Il lampo del 1812 mise il chiodo alla bara dell’impero napoleonico e segnò una nuova era per quello zarista lasciando un segno indelebile nel ricordo dei russi influenzando le varie sfere di vita del loro paese. Il contributo di Shishkov, fu molto importante per l’avvio di un processo di nascita di una nazione russa, come detto in precedenza cercò di creare un linguaggio comprensibile a tutte le classi sociali dell’impero evitando l’influenza di termini stranieri, i suoi testi furono le fondamenta per la percezione della guerra patriottica come un conflitto popolare che diede l’avvio al lungo processo di creazione della nazione russa. Analizzare gli effetti di un evento traumatico come la guerra su una determinata popolazione ci aiuta a comprendere perché essa oggi agisce e pensa in un certo modo. Questi argomenti passati non sono confinati solo nell’ambito storico, ma riflettono anche dinamiche moderne che si verificano attualmente, e questo alimenta l’importanza di studiarli

Note:

[1] La Grande Armée fu l’esercito che l’imperatore Napoleone Bonaparte creò nel 1804 e che utilizzò durante le varie campagne militari contro le monarchie europee che erano raggruppate all’interno delle varie coalizioni formate durante gli anni della guerra. Questo esercito alla vigilia dell’invasione della Russia era diventato multietnico infatti comprendeva contingenti Prussiani, tedeschi della confederazione del Reno, italiani, polacchi, croati, svizzeri, olandesi e austriaci.

[2] Bainville J. Napoleon, 1932, a pagina 341.

[3] Nel corso di una conversazione con Caulaincourt, poco prima del suo rientro a Parigi, lo zar aveva detto: “ Se l’imperatore Napoleone decide di fare la guerra è possibile, anzi probabile, che noi, supposto che volessimo combattere, saremmo sconfitti. Ma ciò non significa che dopo egli potrebbe imporci una pace. Anche gli spagnoli sono stati spesso sconfitti, ma non sono battuti né si sono arresi ed essi non sono così lontani da Parigi come invece lo siamo noi e non hanno in loro aiuto il nostro clima né le risorse che noi possediamo. Noi non correremo alcun rischio; abbiamo spazio a volontà e il nostro esercito permanente è ben organizzato […] I vostri soldati sono valorosi, ma le sofferenze prolungate e il clima difficile ne ridurranno le capacità di resistenza. Il nostro clima e il nostro inverno combatteranno al nostro fianco”. Questa asserzione si dimostrò sorprendentemente profetica. Generale de Caulaincourt, Memories , vol. 1, pag. 108, Londra 1950.

[4] La rivoluzione americana avvenuta tra il 1765 e 1783 e la rivoluzione francese che scoppiò il 14 luglio del 1789, con le dovute differenze, portarono ad un grande cambiamento riguardo il concetto di nazione.
Se la rivoluzione americana terminò in modo pacifico, la rivoluzione francese degenerò nel terrore e nella violenza facendo dividere questi due fenomeni dallo spirito rivoluzionario che in Francia si propagò a lungo mentre negli Stati Uniti si spense.

[5] Nell’impero Russo questo processo fu penalizzato e rallentato, infatti le nazioni che prima dell’epoca delle rivoluzioni erano associate alla nobiltà mutarono forma diventando il luogo dell’idea della cittadinanza universale e delle riforme costituzionali, la cui applicazione era considerata pericolosa dagli stati assolutisti.

[6] Questo cambiamento avvenne dopo lo Zemskij Sobor (il primo parlamento russo su base feudale che fu attivo nel XVI e nel XVII secolo) del 1613 quando fu decisa la questione della nascita di una nuova dinastia.

[7] Il concetto di “popolo”, sostituì quello di “люди (persone)” e venne utilizzato per legittimare il potere durante l’epoca dei colpi di stato di palazzo.

[8] La parola “российский” (rossijskij) si riferisce alla nazione russa e a tutti i suoi abitanti sotto l’aspetto politico.

[9] La parola “русский” (russkij) si riferisce in modo specifico al gruppo etnico russo.

[10] Precedentemente ci fu un aumento dal 1727 al 1737, ma che in seguito diminuì in modo massiccio.

[11] Norris S.M., A War of Images. Russian Popular Prints, Wartime Culture, and National Identity, 1812-1945, 2006.

[12] Su questo argomento un ulteriore approfondimento lo si può trovare nel “progetto greco” di Caterina II vedi Zorin A., By Fables Alone: “Literature and State Ideology in Late-Eighteenth-early Nineteenth Century Russia” (Boston: Academic Studies Press, 2014), 24-60.

[13] Letture consigliate su questo argomento: Isoaho M., The Image of Aleksandr Nevskiy in Medieval Russia (Leiden: Brill Academic Publishers, 2006), 61-62. Parppei K., The Battle of Kulikovo Renewed – “The First National Defeat” (Leiden: Brill Academic Publishers, 2017), 59, 79-80.

[14] Frase detta da Napoleone nel 1806 e riportata dallo storico inglese Charles Esdaile nell’estratto del suo testo chiamato Popular Resistance in Napoleonic Europe: Issues and Perspectives

[15] La Russia prima del 1812 fu invasa molte volte, l’ultima fu compiuta dagli svedesi di Carlo XII (1 gennaio 1708 – 8 luglio 1709) e che si concluse con un fallimento.

[16] Il governatore di Smolensk era il barone Casimir von Asch.

[17] MVUA 1812, 17, Barclay to Asch, 21 July 1812 (OS), pp. 157–8.

[18] Beskrovnyi, Narodnoe opolchenie, no. 140, Kutuzov to Alexander, 23 Oct. 1812 (OS), pp. 155–6; vedere e.g. no. 89, pp. 113–17, and no. 121, p. 142, per le descrizioni delle singole azioni.

[19] Nei territori russi prima di Smolensk, come la Lituania o nella maggior parte della Bielorussia, risiedevano proprietari terrieri polacchi che potevano diventare degli utili alleati per Napoleone, quindi sarebbe stato controproducente dichiarare liberi i servi e fomentare rivolte in quelle regioni.

[20] SIM, 2, no. 312, Alexander to Gorchakov, 9 Nov. 1812 (OS), pp. 171–2.

[21] Sappiamo di questo dettaglio grazie all’invio di lettere da parte del governatore generale di Mosca Fedor Rastopchin indirizzate al ministro della polizia Aleksandr Balashev.

[22] Nello specifico il 15 ottobre 1812 Engelhardt fu fucilato al cancello del muro della fortezza di Molohovskih Smolensk. Secondo testimoni oculari, impedì ai francesi di leggere la sua sentenza prima dell’esecuzione, affermando: “Per non vedere più la devastazione del mio paese e l’oppressione dei miei connazionali”. Inoltre proibì ai francesi di bendarlo dicendo: “Fuori! Nessuno aveva visto la morte, ma la vedrò io”, salutò i colleghi e ordinò al plotone di esecuzione di sparare. Inizialmente, i francesi lo colpirono alla gamba, promettendo di annullare l’esecuzione e di guarirlo se avesse accettato di passare dalla loro parte, ma lui rifiutò di nuovo. Poi gli fu data una raffica di 18 pallottole, due delle quali al petto e una allo stomaco. Engelhardt era ancora vivo finché uno dei soldati francesi lo uccise con un colpo alla testa. Il 24 ottobre nello stesso luogo fu fucilato un altro membro del movimento partigiano: Semyon Ivanovich Shubin. L’impresa di Engelhardt fu immortalata su una lastra di marmo nella chiesa del 1° Corpo dei Cadetti, dove si era allenato. L’imperatore russo Alessandro I concesse alla famiglia di Engelhardt una pensione annuale. Nel 1833, Nicola I diede denaro per la costruzione di un monumento in memoria di Engelhardt. Nel 1835, fu eretto il monumento sul luogo della sua morte che successivamente fu distrutto dal governo sovietico. Attualmente, il numero civico 2 di via Dzerzhinsky, accanto al Memoriale della Piazza degli Eroi, ha una targa commemorativa sull’esecuzione di Engelhardt.

[23] Napoleone aveva inviato quattro insegnanti francesi di ingegneria, sotto richiesta di Alessandro, dopo la fondazione di un istituto a San Pietroburgo che si occupava di questa disciplina, questo gruppo di giovani francesi dopo lo scoppio della guerra del 1812 dichiarò che non voleva collaborare con un governo nemico e perciò chiesero il permesso di partire finendo però, come già detto, in Siberia.

[24] Prima della Battaglia di Borodino l’icona di Smolensk della Madre di Dio venne messa accanto all’accampamento delle guardie Izmailovsky con i soldati che pregavano.

[25] Ley F., Alexandre Ier et sa Sainte-Alliance (1811–1825),
Parigi, 1975, pp. 49–55; «Edling», pp. 176–9.

[26] Vedi il resoconto di Michaud della conversazione in Shil’der, Imperator Alessandro, vol. 3, prilozheniia, documento VII, pp. 509–10.

[27] Questo decreto dello Zar è presente nella raccolta completa delle leggi dell’impero russo (Polnoe Sobranie Zakonov Rossiiskoi Imperii, Sobranie 1, no. 25,296, December 25, 1812).

[28] D. Lieven, “Russia and the Defeat of Napoleon,” Kritika vol. 7, No. 2 (Spring
2006): 293-5; Idem, Russia Against Napoleon, 218.

[29] Nadler V.K., Imperator Aleksandr I, 5: 184-6.

[30] Era uno dei luoghi in cui la popolazione assisteva alle varie esecuzioni perpetrate dai rivoluzionari, nella piazza fu ucciso lo stesso re Luigi XVI, in seguito il governo monarchico restaurato propose di costruire nella piazza una statua in onore del re decapitato, ma alla fine non venne mai realizzata.

[31] In una stampa dell’epoca viene raffigurato lo Zar che prega nell’altare mentre dal cielo lo spirito di Luigi XVI lo benedice.

[32] Aleksandr Jaroslavič Nevskij (30 maggio 1220 – 14 novembre 1263) più comunemente noto come Alexander Nevsky, è stato un generale russo, fu prima principe di Novgorod e in seguito gran principe di Vladimir. Santificato dalla chiesa ortodossa russa, nel paese è ricordato come un eroe nazionale per via delle sue straordinarie imprese militari.

[33] Shishkov, 2011, p. (48)

[34] Shishkov, 2011, p. (63)

[35] Shishkov, Zapiski, 1: 156-9; Nadler V. K.,Imperator Aleksandr I i ideia sviashchennogo
soiuza (Riga, 1886-1892) 2: 54-7.

[36] Shishkov, 2011, (pp. 78-79).

[37] Anche se nell’ultimo manifesto di Shishkov intitolato: “Sulla conclusione positiva della guerra con i francesi e sull’espressione della più alta gratitudine al popolo leale per le imprese rese nella continuazione della guerra”, risalente al 1 Gennaio 1816, si può intravedere il primo segnale di un’unità fra le classi sociali della Russia descritte come “russi” poiché erano “sudditi ugualmente leali”. Inoltre in questo manifesto il concetto di popolo è stato menzionato 22 volte, nella maggioranza dei casi per parlare degli altri popoli europei mentre per tre volte fu utilizzato per parlare specificamente dei russi.

[38] Shishkov, 2011, (p. 84).

[39] Mentre nell’impero russo anche subito dopo la guerra mancava un’identità nazionale, in altri stati, come la Francia o nei futuri paesi Sudamericani che da lì a poco si sarebbero ribellati dal dominio coloniale spagnolo e portoghese, questo elemento era invece molto presente.

[40] Aleksandr Nikolaevič Murav’ëv (Mosca, 10 ottobre 1792 – Mosca, 18 dicembre 1863), fu un generale, nobile e politico russo, è stato uno dei fondatori del movimento decabrista.

[41] Il tenente si chiamava Alexander Mikhailovsky-Danilevsky.

[42] Tolstoj, per rappresentare in modo realistico gli eventi del 1812, andò a visitare i campi di battaglia dell’epoca utilizzando anche eventi storici reali del periodo e leggendo vari libri sulle guerre Napoleoniche, inoltre la sua conoscenza sulla guerra, che influenzò la creazione del romanzo, derivò dall’esperienza diretta nel conflitto in Crimea avvenuto dal 1853 al 1856.

[43] Riguardo a l’Ouverture 1812, è interessante analizzare la parte testuale dell’opera, infatti sono presenti numerosi riferimenti al popolo russo e al loro legame con l’elemento religioso.
Il brano si apre con un arrangiamento di “ Spasi, Gospodi, Iyudi Tvoya ” (“O Signore, salva il tuo popolo”). Dopo un inizio con toni malinconici che sembra significare una fine imminente, le note iniziano a cambiare, la tensione cresce, prima del quarto minuto si sente il suono che rappresenta l’esercito russo mentre, successivamente, al quinto minuto cominciano a sentirsi le note dell’inno francese: Il simbolo dell’entrata dell’esercito Napoleonico in territorio russo.
All’inizio dell’ottavo minuto si sente una canzone popolare russa (“U Vorot, Vorot”). Questo rappresenta un esempio di nazionalismo introdotto da Čajkovskij. In seguito al dodicesimo minuto si sentono i primi colpi di cannone accompagnati da un continuo suono decrescente che finirà con la comparsa delle campane che, accompagnate dalla canzone su ” Bozhe, Tsarya khrani !” (“Dio salvi lo Zar!”) e gli ultimi colpi di cannone, annunciano la fine della composizione e la vittoria della Russia contro Napoleone.

Autore: Paolo Carlassara

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