Come strumento del regime nazista e della sua politica revisionista ed espansionistica rapidamente affermata, la potenza militare tedesca fu accuratamente messa in scena e celebrata con imponenti parate e altre dimostrazioni già prima della Seconda guerra mondiale. Dall’inizio della guerra fino al 1941, il rapido accumularsi di successi sbalorditivi (le campagne in Polonia nel 1939, in Francia nel maggio-giugno 1940, nei Balcani e l’invasione dell’URSS nel 1941) non fece che rafforzare l’immagine di un esercito dalla forza e dalla superiorità irresistibili e schiaccianti. E dopo la guerra stessa, questa reputazione di forza militare altamente efficace, che doveva la sua sconfitta finale solo alla superiorità numerica dei suoi avversari, sarebbe durata a lungo [1].
Sulla base di queste percezioni e rappresentazioni, che hanno segnato a lungo la storiografia del periodo in esame, sarebbe tuttavia errato considerare l’esercito tedesco dotato fin dall’inizio di una superiorità intrinseca, o addirittura considerarlo “invincibile”. Il riarmo tedesco non fu così efficace come alcuni vorrebbero far credere e l’esito del confronto con la Francia non era affatto scontato. Per apprezzare meglio il ruolo del mito nella ricostruzione e nella percezione dell’esercito tedesco negli anni Trenta, è necessario valutare la portata e l’entità dei cambiamenti e delle trasformazioni subite in pochi anni. Ne emerge una realtà molto più eterogenea e sfumata, quella di un esercito interamente focalizzato sugli obiettivi fissati dal nuovo regime politico, ma messo insieme in modo affrettato e non privo di debolezze[2].
Quando Hitler salì al potere nel gennaio 1933 come Cancelliere del Reich, la Reichswehr ereditata dalla Repubblica di Weimar era ancora un esercito modesto, di piccole dimensioni e con capacità molto limitate. Dal 1935 in poi, subirà una trasformazione accelerata che ne cambierà radicalmente l’organizzazione, la natura e il potere. Analizzeremo questo processo graduale e le sue varie fasi, che riflettono una pianificazione e una preparazione metodica, ma anche una corsa affrettata (da cui le successive battute d’arresto) [3].
La Reichswehr nel 1933: vincoli, innovazioni ed eredità
Alla fine della Prima guerra mondiale, il potere militare della Germania era fortemente limitato dai termini del Trattato di Versailles. Ma nonostante le sue piccole dimensioni e le risorse limitate, la Reichswehr non si arrese all’immobilismo. Sviluppò comunque un pensiero dottrinale originale, che a suo modo cercò di trarre le lezioni della Grande Guerra e le permise di definire e sviluppare tattiche nuove e innovative. Questa eredità sarebbe stata raccolta in toto dal nuovo esercito tedesco che si sviluppò sotto il regime nazista a partire dal 1935. D’altra parte, e in aggiunta a ciò, dobbiamo considerare la realtà, anche prima che Hitler salisse al potere, del più volte citato riarmo clandestino. In questo ambito, solo la cooperazione tedesco-sovietica permise di realizzare i vari esperimenti che sarebbero diventati un’altra delle conquiste dell’esercito della Repubblica di Weimar.
Il Trattato di Versailles impose vincoli molto pesanti alla Germania e al suo esercito. La Germania fu obbligata a consegnare la maggior parte della sua flotta da guerra (anche se preferì affondare a Scapa Flow nel giugno 1919) e l’aviazione fu vietata, così come i sottomarini e tutte le artiglierie e le armi offensive. La Germania poté mantenere solo un esercito di 100.000 uomini, la Reichswehr, organizzato in sette divisioni di fanteria e tre di cavalleria, senza armamenti pesanti, e una marina di 100.000 tonnellate composta da vecchie navi.[4].
Per quanto piccolo, questo esercito è professionale e permanente, con un’alta percentuale di ufficiali e sottufficiali con contratti a lungo termine, il che lo rende un vero esercito professionale [5]. Ciò significava che era sempre disponibile e poteva intervenire molto rapidamente (da qui il timore ricorrente in Francia di un “attacco improvviso” anche prima che Hitler salisse al potere, cogliendo di sorpresa l’esercito francese), oltre a renderlo capace di gestire rapidamente forze molto più grandi e numerose.. Sebbene il Trattato di Versailles avesse imposto gravi limitazioni materiali e di uomini all’esercito tedesco, questo non rimase passivo e inattivo in termini di riflessione dottrinale. Va sottolineato il ruolo del generale Hans von Seeckt a capo della Reichswehr dal 1920 al 1926 e nella sua riorganizzazione. In primo luogo, egli attribuì particolare importanza alla selezione intensiva, all’istruzione e all’addestramento del personale, con l’obiettivo di svilupparne la professionalità. Liberato dai vincoli di un esercito di massa, fu anche molto attivo nel promuovere, se non una nuova dottrina d’impiego in senso stretto, almeno una nuova concezione delle operazioni militari sia a livello strategico che tattico, basata su un certo numero di principi volti a evitare il ripetersi degli scontri di massa del 1915-1918, che non furono in grado di avere la meglio ma causarono gravissime perdite di vite umane.

Anche se non vedeva il ruolo futuro dei carri armati e dei veicoli corazzati, riuscì a sfruttare i vincoli imposti da un piccolo esercito per cercare e ottenere una maggiore efficacia. L’offensiva, l’iniziativa e la sorpresa, da un lato, e la mobilità, le capacità di movimento e di infiltrazione di un esercito piccolo ma altamente addestrato, dall’altro, e infine l’autonomia del processo decisionale tattico (da cui la necessità di un comando avanzato per una migliore informazione e gestione delle operazioni) erano le basi principali [6]. Sono proprio queste le caratteristiche che abbiamo visto in azione durante la campagna di Polonia e in Francia nel maggio-giugno 1940 e che, in larga misura, hanno garantito il successo dell’esercito tedesco. La sconfitta francese fu quella di un esercito di massa, in gran parte incapace di muoversi e privo di reattività, di fronte a un esercito d’élite molto piccolo, ma altamente coeso, mobile e dotato di iniziativa.
Il riarmo clandestino tedesco è in gran parte mitico
Per sottolineare la continuità delle intenzioni revisioniste tedesche dalla Repubblica di Weimar al regime nazista, si fa spesso riferimento al riarmo clandestino tedesco a partire dagli anni Venti, anche se questa frequente affermazione non è mai argomentata o documentata in modo molto solido [7]. Innanzitutto, non bisogna dimenticare il ruolo molto attivo svolto fino al 1927 dalla Commission militaire interalliée de contrôle (CMIC), con sede a Berlino e presieduta per lungo tempo dal generale Nollet. Questo organismo, istituito a seguito del Trattato di Versailles nel settembre 1919 e dotato di uno staff di oltre 1.100 persone (383 ufficiali e 737 sottufficiali), ha attirato poco l’attenzione degli storici, essendo i riferimenti ad esso molto brevi. Ma la sua azione, per quanto discreta e tecnica, sembra essere stata importante e ha assicurato la distruzione di notevoli quantità di armamenti tedeschi[8].
Il 16 febbraio 1927, il maresciallo Foch, la cui preoccupazione per la possibile ricomparsa della “minaccia” tedesca non si era mai affievolita, presentò i risultati delle attività del cmic alla Commissione per le Forze Armate della Camera e constatò che l’effettivo disarmo della Germania era una realtà. Dieci giorni dopo, il 28 febbraio, la cmic lasciò la Germania. Durante questo periodo, solo la marina fu autorizzata a costruire nuove navi da guerra, poiché la maggior parte delle poche navi rimaste non era più idonea alla navigazione. Ma questa modernizzazione rimase modesta e in linea con il Trattato di Versailles, e non ci fu un vero e proprio riarmo clandestino[9].
In ultima analisi, il presunto riarmo clandestino della Germania sembra essersi ridotto essenzialmente a due elementi diversi, che tuttavia non costituiscono un vero e proprio riarmo in senso stretto: da un lato, i piani del governo Brüning per la ristrutturazione (Umbau) della Reichswehr nel 1930-1932, che prevedevano l’aumento del numero delle sue grandi unità a 21 divisioni e l’acquisizione di armamenti proibiti[10], che Hitler fece propri ma che rimasero allo stadio di un programma potenziale legato alla graduale reintegrazione della Germania nel gioco internazionale; in secondo luogo, gli accordi di cooperazione militare tedesco-sovietici, che permisero all’Unione Sovietica di effettuare varie forme di sperimentazione discreta, persino segreta, in URSS.
La cooperazione tedesco-sovietica iniziò molto presto con il Trattato di Rapallo dell’aprile 1922, che normalizzò le relazioni tra i due Stati. Oltre allo scambio di ufficiali per l’osservazione delle manovre dei due eserciti, la Germania contribuì alla formazione degli ufficiali di stato maggiore sovietici, in cambio dei quali l’URSS fornì alla prima centri di addestramento e formazione, nonché forniture di munizioni. Il centro di addestramento dei piloti e dell’aviazione di Lipetsk (a nord di Voronezh) fu il primo ad essere aperto alla fine del 1924 e sarebbe stato il più attivo. Seguirono un secondo centro di sperimentazione di gas da combattimento a Orenburg (a sud degli Urali, vicino all’attuale confine con il Kazakistan) e un centro di addestramento per corazzati a sud di Kazan (sulla riva sinistra del Volga, a metà strada tra Mosca e gli Urali) nel 1928. Questa cooperazione militare terminò nel giugno 1933, su iniziativa di Stalin, e durante questo periodo diverse migliaia di ufficiali tedeschi soggiornarono in URSS in modo più o meno discreto [11]. Sebbene queste varie attività tendessero a creare le condizioni per la ricostituzione della potenza militare tedesca, non potevano essere equiparate a un riarmo in senso stretto, poiché gli aerei utilizzati erano da addestramento e i veicoli corazzati testati erano prototipi sperimentali, senza produzione in serie [12]. Sebbene vi fosse ancora una sostanziale eredità del periodo precedente, sia in termini di personale che di concetti operativi, va da sé che l’ascesa al potere di Hitler nel gennaio 1933 modificò rapidamente e radicalmente la situazione dell’esercito tedesco.
Le sfide di una trasformazione radicale ma precipitosa: la graduale formazione del nuovo Heer (1935-1939)
Sebbene la Germania si fosse definitivamente ritirata dalla Conferenza sul disarmo di Ginevra e si fosse poi dimessa da membro della Società delle Nazioni (sdn) il 14 e il 19 ottobre 1933, il riarmo e lo sviluppo dell’esercito tedesco non erano una priorità immediata per Hitler e il regime nazista. Fino alla “notte dei lunghi coltelli” (giugno 1934), le preoccupazioni di politica interna erano pressanti e avevano la precedenza sulla creazione delle condizioni per la politica revisionista ed espansionistica che seguì: la “messa in riga” della società tedesca nel suo complesso e l’instaurazione di un regime totalitario [13]. D’altra parte, la Sa rivendicava apertamente un ruolo militare e sfidava il monopolio delle armi dell’esercito. La questione si risolse a favore dell’esercito dopo l’eliminazione della leadership della sa, approvata e persino sostenuta dal corpo dei generali [14].
Solo nell’ottobre 1934, quando era al potere da quasi due anni, Hitler prese la decisione di aumentare significativamente il numero delle grandi unità fino a 21 divisioni di fanteria, due divisioni di cavalleria e una Schnelle-Division (divisione veloce) che riuniva gli elementi motorizzati disponibili. Il numero di divisioni di fanteria fu così moltiplicato per tre, contro il parere dell’esercito stesso, che pure aveva avviato questo piano di espansione ed era riluttante a vedere un aumento numerico così grande e rapido, quasi impossibile da gestire in modo soddisfacente. Lungi dal portare meccanicamente e immediatamente a un aumento della potenza militare effettiva, una tale decisione porta paradossalmente, a breve e persino a medio termine, alla disorganizzazione dell’esercito e all’indebolimento delle sue capacità operative.
La grande svolta del 1935-1936
Solo nel 1935 fu dato un nuovo e decisivo impulso allo sviluppo dell’esercito tedesco. Da allora, in soli cinque anni, si verificò una radicale trasformazione quantitativa, qualitativa e organizzativa. Ma il cammino dall’annunciato programma politico e militare alla ricostituzione di un’effettiva potenza militare fu lungo. C’erano grandi ostacoli da superare, sia per quanto riguarda l’addestramento delle nuove unità, il cui numero cresceva rapidamente, sia per quanto riguarda la produzione industriale delle armi necessarie per equipaggiare le unità. Le oscillazioni dottrinali tra le diverse concezioni d’impiego non erano assenti e sarebbero state risolte solo tardivamente. Lo sviluppo dell’esercito tedesco e della sua potenza non fu così lineare e univoco come alcuni vorrebbero far credere.
Solo nel 1935 il riarmo tedesco iniziò seriamente e raggiunse una soglia significativa. Il 16 marzo, in aperta violazione delle clausole del Trattato di Versailles, Hitler annunciò unilateralmente la reintroduzione del servizio militare obbligatorio per un anno a partire dal 1° ottobre e la decisione di aumentare la forza dell’esercito tedesco a 36 divisioni di fanteria entro l’autunno (15 in più rispetto alla triplicazione del 1934) e a tre divisioni corazzate (la Francia aveva schierato solo 30 divisioni dal 1928) [15]. Allo stesso tempo, fu resa pubblica la creazione ufficiale della Luftwaffe, già in fase di ricostituzione. Il 15 ottobre fu solennemente riaperta la Kriegsakademie, l’accademia di guerra tedesca vietata dal Trattato di Versailles, e furono ufficialmente create le prime tre Panzerdivisionen (d’ora in poi Pz-D). Tuttavia, a causa della mancanza di equipaggiamento, solo nel 1938 le Panzerdivisionen iniziarono a crescere di forza [16].
Il primo piano di riarmo quadriennale tedesco, coordinato dal generale Goering, fu lanciato nell’aprile del 1936 [17] e nell’autunno del 1936 la durata del servizio militare fu estesa a due anni, come in Francia. Fu anche annunciato un nuovo piano di sviluppo per l’esercito tedesco, che avrebbe dovuto consentire di schierare una cinquantina di divisioni entro il settembre 1939, tra cui sei Pz-D, quattro divisioni motorizzate e quattro divisioni di cavalleria leggera (Leichten-Divisionen). In realtà, il numero di divisioni di fanteria rimase lo stesso del 1935 (36) e la principale innovazione fu lo sviluppo della motorizzazione e, in particolare, delle Schnelletruppen (truppe veloci), che riunivano le unità di cavalleria motorizzate e la Panzerwaffe, che era in via di formazione e di cui il generale Heinz Guderian era il principale e attivissimo organizzatore [18].
Ostacoli strutturali allo sviluppo della potenza militare tedesca
Anche se la Germania si liberò rapidamente dai vincoli imposti dal Trattato di Versailles a partire dal 1935, dovette comunque affrontare un riarmo totale, cioè terrestre, aereo e marittimo, che la costrinse a disperdere i suoi mezzi e le sue risorse [19]. In pratica, la ricostituzione della potenza militare tedesca si scontrò con tre grandi vincoli che rallentarono e ritardarono notevolmente il suo effettivo sviluppo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la sua capacità operativa è ben lungi dal progredire allo stesso ritmo della creazione di nuove grandi unità. Anzi, il contrario.
In primo luogo, c’erano i vincoli finanziari. Per quanto il nuovo regime fosse determinato, le enormi risorse finanziarie necessarie per un riarmo così massiccio non potevano essere liberate immediatamente, ma solo gradualmente nel tempo, anche se questo era breve. La spesa per gli armamenti raddoppiò tra il 1933 e il 1935, passando da 3 a 6 miliardi di Reichsmark, e triplicò nuovamente nel 1938-1939, raggiungendo i 18 miliardi di Reichsmark [20].
Un altro grande ostacolo allo sviluppo della potenza militare tedesca era la produzione industriale dei materiali necessari per equipaggiare le unità in quantità sufficiente. Anche in questo caso, a differenza della Francia, che negli anni ’30 disponeva di un’abbondanza di artiglieria interamente rinnovata durante la Prima Guerra Mondiale, bisognava fare di tutto e in tutti i campi: artiglieria, carri armati e veicoli corazzati, cannoni anticarro, armamenti leggeri, ecc. Contrariamente a quanto si crede, l’ascesa dell’industria bellica tedesca non fu così rapida come spesso si sostiene [21], tanto più che i piani di sviluppo della marina (Kriegsmarine) e dell’aviazione (Luftwaffe) erano altrettanto ambiziosi [22].
In questa sede verrà sviluppato un solo esempio, quello del carro armato medio più potente (20 tonnellate, ma originariamente poco corazzato e armato con un cannone da 7,5 cm a bassa velocità di volata, cioè senza capacità anticarro): il Panzer IV (designazione ufficiale : Pzkpfw IV, abbreviazione di Panzerkampfwagen), un carro armato d’assalto d’appoggio che si presentava in diverse versioni successive (Ausführung, abbreviato in Ausf, A, B, C, D ed E) e che fu il vero “cavallo di battaglia” della Panzerwaffe per tutta la guerra. Nel 1936, solo 35 carri armati di questo tipo IV Ausf A lasciarono le fabbriche Krupp, seguiti da 50 Panzer IV Ausf B nel 1937. Nello stesso anno fece la sua comparsa la versione Ausf C, di cui furono prodotti 130 esemplari.
Tuttavia, queste diverse versioni erano solo modelli di pre-produzione destinati a test e valutazioni in unità per migliorare gradualmente l’equipaggiamento. Nel 1938 furono costruiti da 220 a 230 carri armati di tipo IV Ausf D, ma solo 45 di questi furono consegnati nel 1939. Tra il 1936 e il 1940, la produzione totale di Panzer IV in queste diverse versioni fu di circa 500 esemplari. In termini più operativi, 210 di questi carri armati di tipo IV erano in servizio all’inizio della guerra, nel settembre 1939, 280 nel 1940 prima dell’offensiva tedesca in Belgio e Francia (più o meno lo stesso numero di carri armati Renault B1bis da 32 tonnellate a disposizione della dcr francese) e 380 alla fine del 1940 [23].
Infine, con la reintroduzione del servizio militare obbligatorio e la rapidissima costituzione di nuove unità, la crescita numerica fu tale che non c’erano abbastanza ufficiali della Reichswehr (4.000 ufficiali) per assumersi il compito. Anche se gli ex ufficiali della Prima Guerra Mondiale e dei Corps-francs si unirono all’esercito a partire dal 1935, rimase il problema di supervisionare le unità e di formare un numero sufficiente di ufficiali. Paradossalmente, un aumento troppo rapido del personale e delle unità di grandi dimensioni si tradusse in un indebolimento della capacità operativa. Questa situazione di deficit cronico durò fino alla guerra e, nel 1939, il rapporto ufficiali dell’esercito tedesco era ancora significativamente inferiore a quello dell’esercito francese [24].
Più in generale, il 1° aprile 1938, nonostante le decisioni del 1935 e del 1936, l’esercito tedesco comprendeva ancora solo 24 divisioni di fanteria, una divisione corazzata e altre due in formazione, una divisione da montagna e una divisione di cavalleria; altre 10 divisioni di fanteria erano ancora in formazione. Ciò significa che l’esercito tedesco non era in grado di superare le 36 divisioni di fanteria che aveva annunciato e pianificato già nel marzo 1935, sia per motivi di uomini che per la disponibilità di quantità sufficienti di equipaggiamento.
Nonostante questi vincoli strutturali, la crisi ceca dell’estate 1938 segnò una nuova tappa nello sviluppo della potenza militare teorica tedesca, ma anche i suoi limiti: furono create 22 nuove divisioni di formazione, oltre alle 41 già formate (36 divisioni di fanteria, tre Pz-D, due Leichten-D), portando il totale a 63 divisioni. Ma solo 33 di queste furono concentrate ai confini della Cecoslovacchia, dove si confrontarono con le 35 divisioni cecoslovacche che erano state formate e mobilitate (a differenza della Polonia, che fu colta nel pieno della mobilitazione nel settembre 1939).
In realtà, altre 30 divisioni, la maggior parte delle quali in formazione, avevano il compito di coprire i confini tedeschi contro Francia, Belgio e Prussia, oppure erano in riserva, cioè considerate non operative e non in grado di essere impegnate immediatamente; di queste, solo 14 divisioni, di cui cinque attive, erano stanziate a ovest vicino al confine francese. Senza voler riscrivere la storia, l’esito di un possibile confronto triangolare tra la Germania, da un lato, e la Cecoslovacchia e la Francia, dall’altro, non era affatto assicurato in anticipo, a causa della graduale mobilitazione dell’esercito ceco, ma anche di gran parte di quello francese, per tutto il settembre 1938 [25].
Esitazioni dottrinali
Sebbene l’alto comando e, più in generale, i generali approvassero senza esitazione e persino con entusiasmo la politica del regime nazista di ricostituzione della potenza militare tedesca, il sostegno alle modalità di attuazione era tutt’altro che unanime. A cominciare dall’idea stessa di “guerra lampo” [26]. Come in Francia, molti generali erano tradizionalisti, persino conservatori, e non credevano nelle potenzialità della nuova arma corazzata, i cui sostenitori sarebbero rimasti a lungo in minoranza e che avrebbe richiesto molto tempo per affermarsi [27]. I primi tre Pz-D costituiti nell’ottobre 1935 furono quasi del tutto sperimentali e il corpo corazzato tedesco non assunse gradualmente la forma che avrebbe assunto durante la campagna di Francia fino alla fine del 1938, dopo gli accordi di Monaco e persino dopo la campagna di Polonia del settembre 1939.
Non va dimenticato, infatti, che un altro concetto fu sperimentato e sviluppato in modo complementare e contraddittorio: quello della “divisione leggera” (Leichte-Division), una grande unità di cavalleria motorizzata moderna, paradossalmente ispirata in larga misura al modello francese della division légère mécanique (dlm) istituita nel luglio 1935, anche se meno potente [28], a cui furono affidate le stesse missioni. Quattro grandi unità di questo tipo furono costituite a partire dal 1937, prima come brigate e poi come divisioni nel 1938 [29]. Scomparvero come tali solo dopo la campagna di Polonia, che ne evidenziò i limiti e la mancanza di potenza, e furono trasformate in Pz-D, anche se non avevano le stesse risorse o una potenza equivalente.
Infine, l’accelerazione della modernizzazione dell’esercito tedesco nella seconda metà degli anni Trenta fu favorita dai vari esperimenti e dalle esercitazioni su larga scala che poté effettuare nell’ambito della sua politica estera interventista ed espansionista, che le permisero di definire e sviluppare varie tattiche di combattimento, sia nell’uso dei carri armati che degli aerei: l’intervento diretto (Legione Condor) e indiretto (invio di consiglieri e istruttori) a sostegno delle truppe nazionaliste del generale Franco durante la guerra di Spagna dal 1936 al 1939; l’annessione dell’Austria e dei Sudeti nel 1938 e l’occupazione della Boemia-Moravia nel 1939, che permisero di sperimentare, testare e migliorare su distanze relativamente lunghe la mobilità di grandi unità, corazzate e motorizzate in particolare.
La riorganizzazione dell’alto comando e la creazione dell’OKW
Tradizionalmente, e fin dalla fondazione della Germania imperiale, l’alto comando dell’esercito tedesco ha sempre goduto di una notevole autonomia dal potere politico. Questa autonomia si è accentuata durante la Prima guerra mondiale ed è rimasta intatta sotto la Repubblica di Weimar, tanto che l’esercito è diventato in larga misura l’arbitro del regime a partire dal 1930, anno in cui è iniziata la crisi politica e istituzionale che l’avrebbe poi travolto. La crisi del 1938 mise in discussione questa autonomia e rappresentò una tappa importante nella “messa in riga” dell’esercito tedesco, cioè nella sua stretta subordinazione al regime nazista. Essa ebbe origine dalle obiezioni dei generali tedeschi al piano di espansione territoriale di Hitler con la forza, che era stato delineato già nel novembre 1937 [30], e portò alla destituzione dei tre più alti ufficiali militari tedeschi: Il feldmaresciallo von Blomberg, ministro della Guerra, il generale von Fritsch, comandante in capo, nonostante entrambi fossero ferventi sostenitori del regime e artefici del compromesso iniziale tra il regime nazista e l’esercito tedesco, e successivamente il generale Beck, capo di Stato Maggiore, durante la crisi ceca dell’estate 1938. Anche una dozzina di generali sospettati di essere tiepidi nei confronti del regime furono licenziati o mandati in pensione.
A ciò si accompagnò la creazione di una nuova struttura: l’OKW (Oberkommando der Wehrmacht, l’alto comando delle forze armate), che allineò l’esercito tedesco alla politica nazista in termini di organizzazione e subordinazione. Questa riorganizzazione fece sì che l’apparato militare fosse molto più strettamente associato alla politica nazista, affidato a personalità totalmente impegnate nel regime (i futuri feldmarescialli Keitel e von Brauchitsch, il generale Jodl), e segnò la fine della (relativa) autonomia del corpo dei generali [31]. I generali furono privati di qualsiasi influenza sulle scelte e sulle decisioni strategiche e divennero semplici esecutori.
Note
[1] Solo negli anni Novanta questa immagine è stata messa in discussione, a volte con il rischio di andare troppo nella direzione opposta, quella della casualità e dell’indeterminazione. Su questo tema si veda K.-H. Frieser, Le Mythe de la guerre éclair. La campagne de l’Ouest de 1940, Belin, 2003 (pubblicato originariamente nel 1995); Mai-juin 1940. Défaite française, victoire allemande sous l’œil des historiens étrangers (sotto la direzione di M. Vaïsse), Autrement, n. 62, marzo 2000; E. May, Strana vittoria. Hitler’s Conquest of France, New York, Hill & Wang, 2000.
[2] Ci concentreremo principalmente sull’esercito tedesco (Reichswehr e poi Heer), escludendo l’aviazione (Luftwaffe), che richiederebbe una trattazione troppo lunga. Per ragioni di accessibilità della documentazione, abbiamo anche scelto di privilegiare le fonti in lingua francese (comprese le traduzioni), compresi i riferimenti tecnici ben informati che danno un’idea precisa della realtà dell’esercito tedesco, ma anche dei molti punti deboli dell’esercito francese, molto trascurati da K.-H. Frieser.
[3] Questa dimensione diacronica non viene affrontata nel notevole lavoro di K.-H. Frieser, op. cit. che si concentra sulla guerra in Occidente nel 1940. Sebbene sia innegabilmente interessante e ben documentato, a volte dà l’impressione di forzare un po’ la questione per dare maggiore singolarità e vigore alla sua tesi, e certe interpretazioni appaiono semplicistiche ed eccessive (equilibrio delle forze, “superiorità” alleata, improvvisazione tedesca, mancanza di coerenza, ecc.) Torneremo su questi punti più avanti.
[4] J. Corum, The Roots of Blitzkrieg: Hans von Seeckt and German Military Reform, Lawrence, University Press of Kansas, 1992, p. 97.
[5] Venticinque anni per gli ufficiali e 12 anni per i sottufficiali (che costituivano il 50% dell’organico) e la truppa (P. Masson, Histoire de l’armée allemande, Perrin, 1996, p. 12).
[6] Sir B. Liddell Hart, Les généraux allemands parlent, Stock, 1949 (edizione originale con il titolo The other side of the hill, 1948), capitolo II (“L’empreinte de Seeckt”), pp. 21-31; J. Corum, op. cit; P. Masson, op. cit, pp. 14-16; R. Citino, The Path to Blietzkrieg: Doctrine and Training in the German Army 1920-1939, Boulder (Colorado), Lynne Rienner Publishers, 1999, pp. 7-72.
[7] K.-J. Müller, “Le réarmement allemand et le problème de la sécurité nationale face à la politique du révisionnisme (1933-1937)”, Guerres mondiales et conflits contemporains, no 154, aprile 1989, p. 63-77; P. Masson, Hitler chef de guerre, Perrin, 2005, p. 9-10; B. Lemay, “La guerre des généraux de la Wehrmacht: Hitler service des ambites militaires? Lemay, “La guerre des généraux de la Wehrmacht: Hitler au service des ambitions des élites militaires?”, Guerres mondiales et conflits contemporains, n. 220, ottobre-dicembre 2005, p. 85-96; Erich von Manstein. Le stratège de Hitler, Perrin, 2006, pagg. 31-36.
[8] Più di 15.000 aerei, 9.900 pezzi di artiglieria, 130.000 mitragliatrici e 315 sottomarini secondo S. de Lastours, Toukhatchevski, le bâtisseur de l’Armée rouge, Albin Michel, 1996, p. 181; P. Masson, op. cit. p. 12-13. Sul generale Nollet, si veda: M. Sorlot, “Le général Nollet au ministère de la Guerre (15 juin 1924-10 avril 1925)”, in O. Forcade, E. Duhamel, P. Vial, Militaires en république 1870-1962. Les officiers, le pouvoir et la vie publique en France, Publications de la Sorbonne, 1999, pp. 235-244.
[9]Si limitò a quattro incrociatori leggeri di 6.000 tonnellate e all’incrociatore-dreadnought o “corazzata tascabile” (Panzerschiff) Deutschland, il cui dislocamento effettivo era, è vero, di 15.000 tonnellate invece delle 10.000 annunciate, e che entrò in servizio prima dell’ascesa al potere di Hitler. Cfr. P. Toussaint, “L’échec de la reconstruction de la Kriegsmarine”, Histoire de Guerre, n. 27, luglio-agosto 2002, p. 50-57; P. Masson, Hitler chef de guerre, Perrin, 2005, p. 10-13.
[10]J. Bariéty, “La politique extérieure allemande au début des années 1930: continuité ou rupture? Krebs e G. Schneilin (eds), Weimar ou de la démocratie en Allemagne, Publications de la Sorbonne nouvelle, 1994, p. 323.
[11] S. de Lastours, op. cit. pp. 162-178.
[12] Il generale Guderian parlò di tre tipi di carri armati leggeri e due tipi di carri armati medi, due per ciascuno, cioè dieci carri armati (Souvenirs d’un soldat, Plon, 1954, p. 10).
[13] Su questo processo, si vedano ad esempio: F. Bédarida, L’Allemagne de Hitler 1933-1945, Points-Seuil, 1991; N. Frei, L’État hitlérien et la société allemande. 1933-1945, Le Seuil, 1994; F.-G. Dreyfus, Le IIIe Reich, de Fallois, 1998 (ristampato in Le livre de poche); P. Ayçoberry, La Société allemande sous le IIIe Reich, 1933-1945, Le Seuil (L’univers historique), 1998; K. D. Bracher, Hitler et la dictature allemande, Complexe, 1995; I. Kershaw, Hitler, t. 1 Hubris, Flammarion, 1999.
[14]J. Philippon, La Nuit des longs couteaux. Histoire d’une intox, Armand Colin, 1992.
[15] È a partire da questa data che, all’interno della nuova Wehrmacht (forze armate), il nome Heer sostituisce quello di Reichswehr, troppo legato ai diktat di Versailles e della Repubblica di Weimar.
[16]H. Guderian, op. cit. p. 14-42.
[17] Va ricordato che il riarmo francese iniziò seriamente nel settembre 1936 con il cosiddetto piano da 14 miliardi di Edouard Daladier. Ciò si spiega essenzialmente con i tempi della partita politica e istituzionale francese, con le elezioni del 26 aprile e del 3 maggio che portarono a un cambio di governo che entrò in carica solo il 4 giugno (Ph. Garraud, “La politique française de réarmement de 1936 à 1940 : priorités et contraintes”, Guerres mondiales et conflits contemporains, n. 219, maggio-luglio 2005, pp. 87-102).
[18]Inizialmente specialista in segnali e trasporto truppe, fu promosso tenente colonnello e divenne capo di stato maggiore dell’ispettorato delle truppe automobilistiche presso il Ministero della Reichswehr nell’ottobre 1931. Colonnello, divenne capo di stato maggiore del Comando delle unità corazzate nel luglio 1934, prima di assumere il comando del 2° Pz-D nell’ottobre 1935, quando fu costituito. Pubblicò il suo libro Achtung Panzer! nel 1937. Divenne maggiore generale e comandò un corpo d’armata nel febbraio 1938, prima di diventare capo delle unità rapide e tenente generale delle unità corazzate nel novembre 1938. Dopo le campagne di Polonia e Francia, dove comandò un corpo corazzato che ebbe un ruolo decisivo, partecipò all’invasione dell’URSS alla testa di un’armata corazzata. Fu licenziato nel dicembre 1941, in seguito al fallimento dell’offensiva tedesca in Russia, quindi richiamato nel 1943 come ispettore generale delle unità corazzate, prima di diventare capo di stato maggiore delle forze terrestri dal luglio 1944 al marzo 1945, quando fu posto in congedo.
[19] Non è il caso della Francia che avviò la modernizzazione della sua flotta dalla seconda metà degli anni ’20, prima dell’avvento di Hitler, con molte navi (incrociatori, cacciatorpediniere, torpediniere e sottomarini) che entrarono in servizio tra il 1926 e il 1934 (Amiral Auphan e J. Mordal, La Marine française dans Seconde Guerre mondiale, France-Empire, 1967, che riporta in appendice le date di entrata in servizio di tutte le navi della flotta francese). Mordal, La Marine française dans la Seconde Guerre mondiale, France-Empire, 1967, che include un’appendice con le date di entrata in servizio di tutte le navi della flotta francese; P. Masson, La Marine française et la guerre 1939-1945, Tallandier, 1991).
[20]S. Schirmann, “Le réarmement allemand: implications industrielles et sociales”, Matériaux pour l’histoire de notre temps, n. 47, 1997, p. 24-25.
[21]” I ritardi e il caos non erano una peculiarità della Francia: la Germania del Führerprinzip, che si è detto viveva da anni in un’economia di guerra, aveva la sua parte di fallimenti e, a parte l’aviazione, non era molto meglio equipaggiata per la guerra. Non solo perché un esercito non è mai pronto e la mobilitazione è inevitabilmente uno sconvolgimento, ma perché il riarmo sotto l’egida di Goering, come oggi sappiamo, fu “un caos a passo di lumaca” (secondo le parole di uno dei migliori storici del regime, K. Hildebrand). L’opinione francese “illuminata”, che aveva sempre esagerato la forza militare della Germania, sopravvalutò anche la perfezione della sua industria bellica” (J.-L. Crémieux-Brilhac, Les Français de l’an 40, t. 2: Ouvriers et soldats, Gallimard, 1990, p. 347).
[22] Per la marina, il Piano Z sviluppato a partire dal 1937 prevedeva la costruzione di non meno di dieci corazzate, tredici “corazzate tascabili” (Panzerschiffe), quattro portaerei, cinque incrociatori pesanti e dodici leggeri, una sessantina di cacciatorpediniere, 90 torpediniere e 241 sottomarini! (P. Toussaint, “L’échec de la reconstruction de la Kriegsmarine”, art. cit; F. E. Brézet, “De la Reichsmarine à la Kriegsmarine, la reconstruction de la marine allemande”, Institut de stratégie comparée-Institut d’histoire des conflits contemporains, 2005: http://www.stratisc.org/pub_brezet_Km1.html). Per quanto riguarda lo sviluppo dell’aviazione, questo fu oggetto di una decina di piani successivi tra il 1933 e l’inizio della guerra, nessuno dei quali poté essere rispettato, ma che comunque diede alla Luftwaffe la superiorità aerea nel 1939-1940.
[23]P. Toussaint, “Le Panzer IV, cheval de bataille de la Panzerwaffe : dossier tecnico e storico”, Histoire de Guerre, n. 33, febbraio 2003, pp. 22-45. Inoltre, J.-L. Crémieux-Brilhac sottolinea: “La produzione bellica non è dunque quella che si immagina a Parigi. Chi crederebbe che nell’estate del 1939 non produceva più di 60 carri armati al mese, contro i 120 della Francia? Che la produzione dei cosiddetti carri armati leggeri di tipo I, che all’epoca costituivano la metà della flotta corazzata tedesca, dovette essere interrotta dopo la campagna di Polonia a causa del loro scarso valore bellico? Che solo 247 carri armati leggeri e medi (dei tipi II, III e IV) furono prodotti in Germania tra il settembre e il dicembre 1939, contro i circa 500 della Francia” (Les Français de l’an 40, t. 2, op. cit., p. 349).
[24] La prima aveva solo 19.500 ufficiali contro i 30.000 della seconda (P. Masson, Histoire de l’armée allemande, op. cit., p. 61).
[25]P. Le Goyet, Monaco. Pouvait-on et devait-on faire la guerre en 1938, France-Empire, 1988. Dalla fine di agosto alla fine di settembre, 466.000 riservisti furono richiamati in Francia in ondate successive, oltre ai 287.000 militari attivi. Curiosamente, pur appartenendo al Service historique de l’armée (sha), la sua opera fu vietata alla pubblicazione dal Ministro delle Forze Armate dal 1975 al 1982, pena un’azione penale, e il manoscritto fu confiscato. Questa misura piuttosto eccezionale potrebbe essere legata al fatto che nel suo libro contestava, in modo ben documentato e argomentato, la tesi quasi ufficiale dell’impossibilità dell’intervento francese? Ci si chiede.
[26] K.-H. Frieser, op. cit, pp. 15-33.
[27] Si veda la testimonianza del generale Guderian, op. cit. (capitolo 1 “La formazione delle unità corazzate tedesche”), pp. 1-30; Sir B. Liddell Hart, op. cit. (capitolo IX: “L’avènement du blindé”), pp. 104-118; Pasquay (J.-N.), “Vers l’armée de métier et l’armée allemande avant la seconde guerre mondiale”, in Fondation Charles de Gaulle, Charles de Gaulle 1920-1940. Du militaire au politique, Plon, 2004, p. 145-171.
[28] Cfr. R. Nayberg, “L’emploi des chars dans la cavalerie française entre 1919 et 1939”, Guerres mondiales et conflits contemporains, n. 168, ottobre 1992, p. 125-141; R. Fontbonne, “L’évolution de la cavalerie française: de la division de cavalerie à la division légère mécanique”, Histoire de Guerre, n. 49, luglio-agosto 2004, p. 48-55.
[29] Ph. Naud, “Entre tradition et modernité: les Leichten-divisionen, 1936-1939”, Histoire de Guerre, n. 44, febbraio 2004, pagg. 22-41. Si trattava di un reggimento di ricognizione, due reggimenti di fucilieri a cavallo, un battaglione di soli carri armati (contro i due reggimenti del dlm), un reggimento di artiglieria, un battaglione anticarro e un battaglione di pionieri; in totale 9.000 uomini, 220 veicoli corazzati e carri armati, tra cui 80 carri armati (contro i 180 del dlm).
[30] Si veda il “rapporto Hossbach” del novembre 1937 (dal nome dell’aiutante di campo di Hitler che scrisse il verbale della riunione), in cui Hitler espose le sue opinioni e il suo calendario a una serie di ministri e ai principali capi dell’esercito: http://www.1939-45.org/articles/hossbach.html (in francese) o ww.yale.edu/lawweb/avalon/imt/document/hossbach.htm (in inglese sul sito web di The Avalon Project della Yale Law School).
[31] Cfr. J. Wheeler-Bennett, Le drame de l’armée allemande, Gallimard, 1955, p. 311-319 (titolo originale: The Nemesis of Power; nuova edizione The German Army in Politics 1918-1945, Londra, Palgrave Macmillan, 2005); P. Masson, op. cit, capitolo 2, p. 36-56; Ph. Garraud, “Les généraux allemands et le nazisme : entre adhésion, subordination, conformisme et détachement”, Guerres mondiales et conflits contemporains, n. 234, giugno 2009, p. 5-24.
Autore:Philippe Garraud
Fonte:Le développement de la puissance militaire allemande dans l’entre-deux-guerres. Guerres mondiales et conflits contemporains, 2010, 4 (240), pp.23-42. ⟨10.3917/gmcc.240.0023⟩. ⟨halshs-00768320⟩
Approfondimenti
Categorie
Tags

Lascia un commento